Afghanistan al bivio tra stabilizzazione e nuovi conflitti

Vatican News

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Con il ritiro delle truppe statunitensi c’è il rischio di una guerra civile in Afghanistan. A lanciare l’allarme è stato il comandante della missione Usa a Kabul, il generale Austin Scott Miller che,  incontrando alcuni giornalisti, ha spiegato che la sicurezza in tutto il Paese è precaria e che i recenti attentati dei talebani sono molto preoccupanti, anche se non inaspettati. La situazione della sicurezza non è buona in questo momento, ha detto parlando presso il quartier generale della coalizione che si sta svuotando rapidamente a Kabul, secondo quanto riporta il Wall Street Journal. La guerra civile è certamente un percorso che può essere immaginato se il Paese continua sulla strada su cui si trova in questo momento. E questa – ha detto – dovrebbe essere una preoccupazione per il mondo. Condivide la preoccupazione il generale Giorgio Battisti, già Capo di Stato Maggiore Nato, alla guida del primo contingente arrivato in Afghanistan nel 2001 nell’ambito della strategia decisa dopo l’attacco alle Torri Gemelle a New York:

Ascolta l’intervista con Giorgio Battisti

Il generale Battisti sottolinea che è chiaro l’intento dei talebani di riprendere il controllo  del Paese. Ricorda che in Afghanistan sono molte le etnie diverse da quella pashtun alla quale appartengono i talebani. Non solo per questo, ma anche per la scelta particolarmente oppressiva del regime voluto dai talebani, Battisti spiega che in molti nel Paese sono pronti ad abbracciare le armi per far fronte all’avanzata annunciata, in particolare – sottolinea – nel nord. Ricorda che l’accordo tra Stati Uniti e talebani, annunciato a febbraio 2020 dall’amministrazione Trump, non ha portato alcun frutto sul terreno. Battisti esprime la preoccupazione sottolineando che in questi 20 anni la società civile ha fatto grandi passi in avanti, ad esempio nella consapevolezza del rispetto dovuto alle donne o al rilievo dell’istruzione. I giovani che – ricorda – sono la maggioranza, hanno conosciuto diversi stili di vita e formazione. Questo non significa – sottolinea – che debbano scegliere o aderire a modelli diversi dalle culture tradizionali, ma significa che hanno avuto la possibilità di quel confronto che apre alla consapevolezza. Si spera – ribadisce – che qualcosa sia maturato soprattutto in termini di rifiuto delle logiche di violenza che si vorrebbe tornare  a imporre. L’importante – avverte – è che davvero l’impegno della comunità internazionale in Afghanistan non termini con il ritiro dei soldati. 

Il ritiro delle forze internazionali

Il processo di ritiro è iniziato ufficialmente il 1° maggio scorso. L’esercito Usa ha già ritirato più della metà delle sue attrezzature e del personale e dovrebbe completarlo entro la metà di luglio. Il generale Miller non ha detto quando sarà completata esattamente la partenza delle forze statunitensi per motivi di sicurezza operativa. La Germania e l’Italia hanno ritirato i loro ultimi soldati rimasti dall’Afghanistan, ponendo fine a quasi due decenni di dispiegamento nel Paese devastato dalla guerra al fianco degli Stati Uniti e delle altre forze della coalizione. La Germania ha annunciato il suo ritiro militare senza molto clamore poco dopo che gli ultimi 250 soldati tedeschi sono stati trasferiti nella notte di martedì scorso fuori dalla loro base nel nord dell’Afghanistan. “Dopo quasi 20 anni di dispiegamento, gli ultimi soldati dell’esercito tedesco sono tornati a casa. Si è concluso un capitolo storico, un intenso dispiegamento che ha sfidato e plasmato l’esercito tedesco, come si è dimostrato in combattimento”, ha dichiarato su Twitter il ministro della Difesa tedesco Annegret Kramp-Karrenbauer, che ha ringraziato i 150.000 uomini e donne tedeschi che hanno preso parte alla missione in Afghanistan dal 2001, dicendo che possono essere orgogliosi dei loro risultati. La Germania aveva ancora circa 1.100 soldati nel Paese quando Biden annunciò i suoi piani di ritiro a metà aprile. Facevano parte di una missione guidata dalla Nato incaricata di addestrare, consigliare e assistere i soldati afghani che combattevano l’insurrezione talebana. Anche l’Italia ha dichiarato che anche la sua missione militare in Afghanistan è terminata dopo che decine di soldati italiani hanno lasciato il Paese. L’annuncio è arrivato dopo che le forze italiane sono atterrate all’aeroporto internazionale di Pisa dalla città afghana occidentale di Herat, adiacente al confine iraniano. I funzionari hanno detto che 50.000 soldati italiani hanno prestato servizio in Afghanistan negli ultimi 20 anni, 53 dei quali sono morti mentre erano in servizio mentre 723 sono rimasti feriti. L’alto rappresentante civile della Nato in Afghanistan, Stefano Pontecorvo, ha assicurato che l’impegno della Nato continua in forme diverse.

Gli attacchi

Nelle ultime settimane, quasi un quarto dei distretti afghani è caduto nelle mani dei talebani.  Gli attacchi si sono intensificati dopo che ad aprile il presidente Joe Biden ha annunciato il completo ritiro delle truppe statunitensi entro l’11 settembre.