Abusi, O’Malley: anche la mia “conversione pastorale” ha richiesto molto tempo

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Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Oggi è presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, l’organismo istituito dal Papa nel 2014 per la lotta agli abusi, e da sempre è tra i porporati che più si sono impegnati su questa problematica. Anche lui, però, sulla questione abusi ha avuto bisogno di “una conversione pastorale”. Una conversione che “richiesto molto tempo” e che lo ha portato a riconoscere quali pratiche e strategie siano quelle idonee e funzionanti per contrastare questo crimine in seno alla Chiesa e quali no. Profondamente sinceri e personali i ricordi e le esperienze che Sean O’Malley, il cardinale arcivescovo di Boston, ha voluto condividere con i numerosi ospiti presenti all’apertura della Conferenza internazionale di Varsavia sul tema della salvaguardia dei minori.

Ricordi ed esperienze

Prima del suo intervento ufficiale, tutto incentrato sul “rinnovamento” – auspicato dal Papa – necessario all’interno della Chiesa per affrontare sfide come quelle degli abusi, da un podio sul grande palco di Varsavia, il porporato cappuccino ha voluto parlare a braccio per raccontare la sua esperienza di credente e di pastore di fronte a un simile dramma. O’Malley non è nuovo a questo tipo di interventi: già nel 2014, qualche mese dopo essere stato nominato dal Pontefice alla guida della Commissione pro Tutela Minorum, il cardinale aveva raccontato nel Duomo di Milano il duro lavoro svolto come arcivescovo di Boston per portare alla “ricostruzione” una Chiesa devastata da scandali sessuali e non solo. Anche ieri a Varsavia, come sette anni, O’Malley si è lasciato andare ai ricordi: non solo quelli del periodo di Boston, ma ancora prima.  

L’ignoranza e la “conversione”

“Cinquantun anni fa, quando sono stato ordinato, l’ultima cosa che poteva venirmi in mente è che mezzo secolo dopo sarei stato a Varsavia a parlare a un gruppo distinto come questo dell’argomento di cui stiamo discutendo. Perché a quel tempo non sapevo nulla della pedofilia”, ha esordito il cardinale. “Abbiamo un detto in inglese: l’ignoranza è beatitudine. Ma l’ignoranza non è beatitudine, l’ignoranza è ignoranza”.  “Sono qui per parlarvi della conversione pastorale e della necessità della conversione”, ha detto O’Malley, rivelando: “La mia conversione ha richiesto molto tempo”.

Il presidente della Commissione vaticana ha quindi ricordato i suoi anni di servizio per la Chiesa universale, prima con gli immigrati dell’America Centrale, poi da Washington, e ancora come vescovo nelle Indie Occidentali su nomina di Giovanni Paolo II. Proprio Wojtyla, “mi ha nominato quattro volte in quattro diocesi”, ha detto il porporato. “Nella prima diocesi, una piccola diocesi missionaria delle Indie Occidentali i nostri problemi più gravi erano gli uragani”.

Il servizio a Fall River, l’impatto con Palm Beach

Richiamato nel 1992 negli Stati Uniti (“cosa molto insolita perché negli Stati Uniti non avevamo vescovi religiosi, la maggior parte erano nelle missioni”), O’Malley viene nominato vescovo nella diocesi di Fall River, in una zona molto cattolica del Massachusetts, popolata da operai e immigrati portoghesi. “Poco prima che venissi assegnato – ha ricordato – era scoppiato un terribile scandalo su un prete pedofilo, padre Porter, che aveva violentato centinaia di bambini piccoli. Quando arrivai, uno dei miei primi compiti fu quello di incontrare alcune delle vittime e le loro famiglie. Hanno riempito un auditorium molto più grande di questo. C’erano centinaia di persone. Devo dire che ero terrorizzato. Ma è stato l’inizio della mia conversione pastorale, ascoltando le loro storie e identificandomi con quello che mi dicevano”.

Dopo dieci anni in quella diocesi, il prelato viene inviato a Palm Beach, in sostituzione di due vescovi rimossi proprio per casi di pedofilia. “Alla conferenza stampa che abbiamo organizzato quando sono arrivato, la prima domanda che mi è stata fatta era: sei anche tu un pedofilo?”.

Gli anni di Boston e la crisi degli abusi

Da Palm Beach il passaggio è, nel 2003, a Boston, arcidiocesi in quegli anni messa in ginocchio da una grave crisi per gli scandali di abusi, fatta esplodere dallo “Spotlight Team”, il gruppo di giornalisti del Boston Globe incaricati di indagare sui casi di pedofilia commessi dai sacerdoti della Chiesa locale. “Hanno esposto tutti questi casi e il modo in cui la Chiesa non è riuscita ad affrontarli e come i preti siano stati cambiati da un posto all’altro, ecc…”, ha detto O’Malley. “Hanno fatto un film dal loro lavoro chiamato Spotlight (la pellicola premio Oscar del 2015 di Tom McCarthy, ndr). È un film molto doloroso da guardare, ma penso che sarebbe molto buono per la leadership della Chiesa vedere quel film per avere una migliore comprensione di ciò che è successo in un posto come Boston”, ha commentato il porporato. “Negli Stati Uniti abbiamo un collutorio che si chiama Listerine. E la pubblicità del Listerine dice: ‘Qualsiasi cosa ha un sapore così cattivo, deve essere buona per te’. Bene, questo è il modo in cui mi sento riguardo a ciò che abbiamo sperimentato con la stampa. Ci hanno aiutato a capire che c’è un cancro nascosto che deve essere affrontato o ci ucciderà”.

Il dolore, fonte di guarigione

“Non vorrei tornare a quella Chiesa della mia giovinezza quando avevamo questa meravigliosa ignoranza delle cose che stavano accadendo”, ha detto O’Malley in conclusione della sua premessa a braccio. “Tutto il dolore che abbiamo sofferto è una grande fonte di guarigione. Ci sta portando ad affrontare il problema degli abusi sessuali, e a mettere i bambini e gli adulti vulnerabili come priorità nella nostra Chiesa, come dovrebbe essere”.