Chiesa Cattolica – Italiana

A San Pietro l’addio a Benedetto XVI, il Papa: ha elargito sapienza e delicatezza

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

“Vogliamo, come comunità ecclesiale… affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita”

Il suono dell’organo si diffonde in filodiffusione nella piazza, le campane segnano oltre dieci rintocchi, un applauso, sempre più crescente, si eleva dalla folla. Alle 8.45 in Piazza San Pietro, dove Papa Francesco celebra oggi i funerali di Benedetto XVI, fa il suo ingresso in processione la bara in rovere del Papa emerito. I sediari lasciano il feretro al centro del sagrato, poggiando il trasportino di velluto sopra un tappeto. Il segretario personale Georg Gänswein, prima in fila insieme alle Memores Domini, vestite di nero e a capo chino, e altri membri di quella comunemente conosciuta come la “famiglia pontificia”, apre un Vangelo e, in ginocchio, lo poggia, aperto, sopra il legno. Subito dopo si inchina e lascia un bacio. Ieri sera si è svolto il rito di chiusura della bara: il feretro è triplice, con un primo rivestimento in cipresso, un altro in zinco e uno finale in rovere. All’interno ci sono il Rogito, le monete e le medaglie del pontificato e il pallio. L’immagine della bara lignea con sopra la Parola di Dio fa tornare presto alla memoria le esequie di Giovanni Paolo II, che fu proprio l’allora cardinale Joseph Ratzinger a celebrare. 

Il segretario Gänswein e monsignor Ravelli ai lati del feretro

Migliaia di persone in Piazza San Pietro

Intanto dinanzi alla Basilica petrina, sedute, in piedi, al centro, ai lati e dietro le transenne, ci sono migliaia persone di ogni età e nazionalità. Sono giovani – moltissimi giovani -, laici e soprattutto sacerdoti, poi famiglie, suore, gruppi dall’Italia e dalla Germania, con bandiere e stendardi. Si sono messi in fila per oltre un’ora sin dalle 5.30, sottoposti a controlli veloci, in una Roma blindata dalle forze dell’ordine e avvolta nelle prime ore del mattino da una fitta nebbia. Dopo aver reso omaggio alla salma del Papa emerito esposta per tre giorni in Basilica, fedeli e pellegrini gremiscono Piazza San Pietro, insieme ad autorità e rappresentati civili dei diversi Paesi e anche delegazioni ecumeniche. L’atmosfera è raccolta, gli applausi fragorosi ma misurati. Esequie “sobrie”, così come era volontà dello stesso Benedetto. 

La bara di Benedetto XVI

L’omelia del Papa 

Francesco entra intorno alle 9.20, in sedia a rotelle e raggiunge il palco, dando il via alla celebrazione esequiale, concelebrati da circa 130 cardinali, 400 vescovi e quasi 3700 preti. L’omelia si snoda a partire dalle ultime parole di Gesù in croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. E sulla figura di Cristo si concentra la riflessione del Pontefice, così come si è concentrata su Cristo l’intera vita di Ratzinger fino agli ultimi suoi battiti.

Il Pastore che ama il gregge 

Sono mani, quelle di Dio, “di perdono e di compassione, di guarigione e di misericordia, mani di unzione e benedizione”, dice il Papa. Mani anche “piagate che vanno incontro e non cessano di offrirsi, affinché conosciamo l’amore che Dio ha per noi e crediamo in esso”. Francesco parla di “dedizione grata di servizio al Signore e al suo Popolo che nasce dall’aver accolto un dono totalmente gratuito” e di “dedizione orante, che si plasma e si affina silenziosamente tra i crocevia e le contraddizioni che il pastore deve affrontare e l’invito fiducioso a pascere il gregge”.

Come il Maestro, porta sulle spalle la stanchezza dell’intercessione e il logoramento dell’unzione per il suo popolo, specialmente là dove la bontà deve lottare e i fratelli vedono minacciata la loro dignità.

Piazza San Pietro durante le esequie

Pace dolorosa, ma robusta

“Il Signore va generando la mitezza capace di capire, accogliere, sperare e scommettere al di là delle incomprensioni che ciò può suscitare”, afferma Papa Francesco. “Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire”. È la “dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito”, rileva il Papa, è la “testimonianza feconda di coloro che, come Maria, rimangono in molti modi ai piedi della croce, in quella pace dolorosa ma robusta che non aggredisce né assoggetta”.  

Testimone del Vangelo 

Saldamente legati alle ultime parole di Gesù e alla sua testimonianza “vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita”, dice Papa Francesco.

Cita infine San Gregorio Magno che, al termine della Regola pastorale, invitava ed esortava un amico a offrirgli compagnia spirituale: “In mezzo alle tempeste della mia vita, mi conforta la fiducia che tu mi terrai a galla sulla tavola delle tue preghiere, e che, se il peso delle mie colpe mi abbatte e mi umilia, tu mi presterai l’aiuto dei tuoi meriti per sollevarmi”.

È la consapevolezza del Pastore che non può portare da solo quello che, in realtà, mai potrebbe sostenere da solo e, perciò, sa abbandonarsi alla preghiera e alla cura del popolo che gli è stato affidato.

Il Papa durante la Messa funebre

“Benedetto, fedele amico dello Sposo”

“Il Popolo fedele di Dio che, riunito, accompagna e affida la vita di chi è stato suo pastore”, prosegue il Pontefice. “Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni”.  

Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce!

 

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