90 anni di Radio Vaticana: la voce del Papa dalle bobine al web

Vatican News

Federico Piana – Città del Vaticano

La storia della Radio Vaticana, che questa settimana festeggia i 90 anni dalla sua fondazione, è anche la storia dell’applicazione delle nuove tecnologie della comunicazione alla diffusione del messaggio del Papa nel mondo. Uno dei passaggi chiave è stato quello dell’informatizzazione e della digitalizzazione, dall’arrivo dei computer all’uso dei social network per avvicinarsi agli ascoltatori. Ce ne parla Pietro Cocco, dell’Archivio editoriale multimediale e tra quelli che portarono avanti questo processo, nel suo intervento alla “Finestra del Papa”.

Ascolta l’intervista a Pietro Cocco

R. – 90 anni è una cifra che dice l’impegno con il quale alcuni pionieri – penso a padre Gianfranceschi, a padre Soccorsi, i primi due direttori della Radio Vaticana e il primo in particolare che collaborò con Guglielmo Marconi alla creazione della Radio Vaticana – intuirono una cosa fondamentale e cioè che la scienza e gli sviluppi della tecnica potevano essere al servizio del magistero del Papa. Potevano portare la sua voce, la sua vicinanza e metterlo in dialogo con le Chiese di tutto il mondo attraverso questi strumenti. L’emozione è soprattutto questa, vedere il cammino percorso, vedere come anche noi “più piccoli” rispetto a questi grandi pionieri, ci siamo messi al servizio di questa missione apostolica che la Radio Vaticana ha portato avanti in questi 90 anni.

Andiamo al passaggio al digitale della Radio Vaticana. Ci racconti un po’ la storia e come siamo cambiati da quel periodo, perché tu ne sei stato uno dei protagonisti?

R. – Insieme a tanti altri colleghi ci siamo trovati coinvolti, quasi travolti all’inizio, da uno sviluppo vorticoso dell’introduzione dell’informatica e poi del digitale nel nostro lavoro. Noi nasciamo come giornalisti che lavoravano con le macchine da scrivere, e senza fare amarcord, si capisce che cosa ha significato questa trasformazione nel lavoro quotidiano. Lavoravamo su dei nastri magnetici che tagliavamo fisicamente per fare montaggi e ci siamo ritrovati con delle console attraverso le quali lavoriamo l’audio e i nostri servizi direttamente dal computer. E’ stato un processo vorticoso e al tempo stesso graduale, che ha visto prima l’introduzione di alcuni strumenti all’interno delle nostre redazioni, come appunto il computer, il sistema audio digitale per quanto riguardava la produzione e i montaggi dei servizi e dei programmi che poi andavano in onda. Poi abbiamo visto la nascita e l’esplosione di internet. Siamo alla fine degli anni 90, un processo all’interno del quale ci si guardava intorno e si cercava anche di capire che cosa avrebbe rappresentato questa nuova rete, che metteva in contatto anche punti così distanti nel globo, e che cosa poteva significare per un broadcast internazionale come la Radio Vaticana, che era abituata da decenni a rivolgersi ad un pubblico che lo ascoltava sparso nei cinque continenti. Un processo graduale, ma all’interno del quale noi abbiamo cominciato a sviluppare una riflessione che in un certo momento è stata cruciale. Avevamo strumenti diversi, avevamo 36 redazioni linguistiche abituate ciascuna a rivolgersi ad un proprio pubblico e abbiamo focalizzato la nostra attenzione su due aspetti. Prima di tutto i contenuti: per noi ciò che è sempre stato centrale non era tanto inseguire un nuovo strumento, una nuova risorsa tecnologica, ma soprattutto capire in che modo i contenuti potevano essere sempre più capillarmente veicolati. E poi dare un luogo – da cui la grande intuizione dell’utilizzo del sito web come un contenitore, all’interno del quale potevamo dare persistenza a questi contenuti che eravamo abituati a mandare nell’etere e nell’arco di una mezz’ora non si trovavano più – e un contesto. Questo è fondamentale perché la risorsa web per noi ha significato poter permettere ai navigatori, ai nostri utenti, anche di ricostruire i processi che avevano portato a certi avvenimenti e come si erano sviluppati gli eventi. Quindi abbiamo immaginato, fin dall’inizio, il web come anche una sorta di archivio delle notizie che potesse permettere a ritroso di ricostruire il cammino percorso.

Tu facevi riferimento al fatto che la Radio ha sempre cercato degli strumenti per essere più capillarmente presente, però il messaggio non è mai cambiato. Veniva adattato, ma non si prestava troppo ad essere “surclassato” dai mezzi nuovi. C’era anche questo dubbio nei giornalisti, allora…

R. – Questo è un aspetto delicato che coinvolge tutto il mondo dell’informazione, perché è chiaro che lo sforzo è stato quello di mettere la tecnologia a servizio del contenuto e del messaggio del Papa. Quindi per noi è sempre stata la centralità del suo magistero la notizia trainante. Anche se questo magistero, come sappiamo, poi si snoda in un dialogo continuo con la realtà della Chiesa e delle Chiese nel mondo, ma anche con il mondo laico, civile e sociale. Quindi il nostro sforzo è stato proprio quello di sostenere questo dialogo. Al tempo stesso, però, non possiamo negare che le diverse piattaforme che via via abbiamo avuto a disposizione hanno cominciato in qualche modo anche a cambiare il modo con cui noi ci siamo rivolti ai nostri ascoltatori. L’esplosione poi dal 2008-2009 delle piattaforme social, da YouTube, ai podcast, e poi Twitter e Facebook, naturalmente ha imposto anche la necessità di rimodulare ugualmente questi contenuti, in modo tale che potessero essere sulle diverse piattaforme nel linguaggio proprio di queste piattaforme. Per noi è sempre stato fondamentale che questi strumenti potessero rimandare ad un contenuto che noi sul sito web abbiamo sempre messo a disposizione in maniera più elaborata e più completa, anche se poi magari con un Twitter si rimandava alla pagina web piuttosto che ad una trasmissione in diretta che si andava a coprire, ormai, non soltanto con delle radiocronache audio, ma anche con quelle video, grazie alla stretta collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano sulla piattaforma YouTube.

Questo sistema nuovo ha cambiato il rapporto con i radioascoltatori. Io mi ricordo ancora le vecchie cartoline che venivano mandate dagli ascoltatori che avevano voglia di parlare con noi. Il sistema digitale ha cambiato il rapporto diretto con i radioascoltatori? Li ha messi ancora di più in contatto con la radio?

R. – Questo era uno degli auspici con i quali ci siamo mossi nel dotare la Radio di queste nuove piattaforme digitali. È un processo in corso perché naturalmente noi vediamo che nel campo delle comunicazioni sociali e dell’informazione c’è anche una certa frammentarietà. Ci sono tante nicchie di ascoltatori, di navigatori, di utenti e quindi è anche diventato più complesso il rapporto con il pubblico. C’è un grande sforzo che noi dobbiamo fare.

C’è anche una maggiore interattività con i sistemi di social…

R. Sì, sicuramente i social permettono una maggiore interattività, naturalmente questo costringe anche chi fa comunicazione ad avere una cura particolare e anche a coltivare questi rapporti con gli ascoltatori.