Chiesa Cattolica – Italiana

90 anni di Radio Vaticana: i microfoni del Papa nel Museo Storico

Eliana Astorri – Città del Vaticano

Dal primo microfono usato per l’inaugurazione nel 1931 della Radio Vaticana ai microfoni attraverso i quali otto Pontefici in novant’anni hanno fatto sentire la loro voce al mondo, ai registratori e le bobine. Strumenti non solo tecnici che sono custoditi all’interno della palazzina Marconi dentro la Città del Vaticana, voluta dall’ideatore della radio come prima stazione per la radio del Papa, e che ospita al suo interno anche il Museo storico della Radio Vaticana. Non più aperto al pubblico, rimane tuttavia una preziosa testimonianza della storia e degli obiettivi della nostra emittente, come spiega l’ideatore e il fondatore del Museo Alido Brinzaglia:

Ascolta l’intervista integrale ad Alido Brinzaglia

Cosa ti ha spinto a riunire strumenti e oggetti della radio?

R. – Ad essere sincero è stata una casualità. Dato che ero responsabile della parte logistica della palazzina Leone XIII, mi spostavo anche verso la trasmittente Vaticana e lì mi accorsi che c’erano molti reperti storici che erano messi lì alla rinfusa, come in un archivio. Mi venne allora l’idea di raccogliere questi reperti e questi apparati telegrafici e ne feci menzione alla direzione che mi diede il benestare. All’inizio non si chiamava assolutamente museo, non avevamo questa presunzione, e l’avevamo chiamata “raccolta di apparati storici della Radio Vaticana”. La parola museo era esagerata per quanto pensassimo all’epoca. Il 12 febbraio del 1995, invece inaspettatamente abbiamo fatto l’inaugurazione del museo.

Che oggetti hai raccolto?

R. – Di tutti i tipi. A partire da tutto quello che era stato necessario per creare la stazione della Radio Vaticana. Diciamo che la parte museale in sé per sé, è anche la stessa palazzina, che il Marconi aveva scelto nel Colle Vaticano per porre la prima stazione della Radio Vaticana. Ecco noi lì all’interno abbiamo il museo. Quindi la stessa palazzina, praticamente, fa parte del museo. Anzi è una parte essenziale del museo, perché a parte i pezzi storici che abbiamo raccolto ci sono all’interno i trasmettitori e poi tutte le altre strutture che Marconi aveva utilizzato, e quelle sono stabili all’interno della palazzina. In particolare ho tenuto molto a fare una scelta estremamente particolareggiata sui microfoni.

Parlando della palazzina Leone XIII dove tra l’altro si trovava il centro controllo con la consolle a ferro di cavallo, c’era lo storico microfono dal quale parlò Guglielmo Marconi. Si trovava in quella che allora era la sede della direzione generale. Che ne è di questo microfono?

R. – Ora sta nel museo, però è stato per molti anni esposto dove c’era la direzione tecnica. La prima cosa che ho curato in maniera molto attenta e molto particolare sono stati i microfoni. Poi sono venute in seguito tutte le altre strutture, quindi sia gli apparati di misura sia i registratori, tutto quanto. Ho scelto i microfoni, ci tengo a dirlo in questo momento, perché la parola museo fa pensare a qualcosa di che sta lì, ferma. Invece quando noi poi ci abbiamo “preso gusto” a rendere attivo questo museo ci siamo ci siamo accorti che il museo della Radio Vaticana era qualcosa di molto vivo e i microfoni ne rappresentavano questa attività in maniera fondamentale. Al primo microfono della Radio Vaticana era legata la storia della nascita della Radio Vaticana, quindi Pio XI, Marconi e padre Gianfranceschi che è stato il primo direttore della Radio Vaticana, e dentro c’erano tutti i discorsi che erano stati fatti da questi tre personaggi durante l’inaugurazione. Poi un altro microfono che era molto importante, era un Telefunken Ela che ci ricordava invece tutto il periodo di Pio XII e quindi il periodo della guerra e il periodo in cui la Radio Vaticana era impegnata anche per mettere in contatto con più di un milione di messaggi i dispersi, i parenti e via dicendo. Poi si passa ad altri microfoni, che sono stati fondamentali e ci ricordano altri Papi. Parlando di Giovanni XXIII abbiamo di fronte un microfono in particolare, parlando di Paolo VI ne abbiamo un altro e quindi attraverso il microfono noi, all’interno della Radio Vaticana, all’interno delle visite, poi parlavamo della storia della Radio Vaticana. Ecco perché i microfoni erano fondamentali. Ad esempio il microfono di Paolo VI ci riporta al primo viaggio in Terra Santa, che ha aperto poi a tutti quanti i viaggi degli altri Papi, in particolare con Giovanni Paolo II. Quindi gli apparati non erano fine a sé stessi, non sono fini a sé stessi. Sono un mezzo per parlare della Radio Vaticana e della sua storia in senso però attivo.

E della storia dei Papi…

R. – Della storia dei Papi e di quello che hanno detto! Ogni Papa ha avuto un qualcosa di molto specifico a cui si è legato per quanto riguarda la comunicazione. Ad esempio Pio XI era un papa comunicatore. Paolo VI ha portato avanti la comunicazione, Giovanni Paolo II l’ha proprio portata al massimo di quello che poteva essere la comunicazione e questi microfoni rappresentano l’attività del Santo Padre, dei vari Papi e di tutto quello che era il mondo in quei contesti, sia dal punto di vista sociale sia punto di vista religioso sia dal punto di vista socio politico. Se noi pensiamo ai microfoni che ha utilizzato Giovanni Paolo II ci dobbiamo relazionare anche col movimento socio-politico della parte dell’est Europa in quel periodo. Il mio impegno è poi è diventato utilizzare il reperto storico per parlare della Radio Vaticana, per parlare di noi.

Che vita ha avuto il museo. Chi poteva visitarlo?

R. Abbiamo iniziato con il personale della Radio Vaticana, che poi ha chiamato altra gente che faceva parte delle varie direzioni. Noi siamo un popolo, un popolo internazionale. Poi sono arrivati anche conoscenti di altre realtà importanti, che sono stati i radioamatori, i nostri amici radioamatori italiani. La Radio Vaticana era molto molto famosa e quando hanno saputo che c’era un museo si sono precipitati tutti a vederlo. Però io ho mirato soprattutto alle scuole. Abbiamo fatto, all’inizio, con lo staff nostro dirigenziale, una pubblicità, inviando degli opuscoli presso le scuole, più che altro quelle di natura tecnica, quindi tecnici industriali, facendo sapere che c’era questo museo e abbiamo cominciato con loro. La voce si è sparsa e siamo arrivati alle scuole medie e quella è stata la più grande soddisfazione che io ho avuto con il museo. Quella di far conoscere il museo anche a chi non sapeva nemmeno che cosa fosse la Radio Vaticana. Un po’ perché erano piccoli, un po’ perché la Radio Vaticana era conosciuta ma era una radio di élite, bisognava ascoltarla quasi per appuntamento, non era una radio commerciale. E quindi far conoscere l’attività della Radio Vaticana anche oggi, non solo nel passato.

Cosa ne è oggi del museo?

R. – Il museo ha subito delle variazioni perché ha subito delle variazioni l’edificio nel quale è ospitato e quindi si è un po’ ristretto come ambienti.

Non sarebbe possibile farlo ritornare in vita e aprirlo a visite dopo che il virus permetterà il ritorno?

R. – Come no, basta volerlo. (Ad esempio) noi abbiamo partecipato a 6 o 7 edizioni del meeting di Rimini e ci siamo “portati appresso” il museo, che è stato sempre anche itinerante. Circa un milione di persone passava in quella settimana al meeting di Rimini e quello che incuriosiva la gente era l’apparato, e questo era giusto perché avevamo degli apparati stupendi oltre che i microfoni. Però quello che volevamo era far conoscere la Radio Vaticana, il messaggio della Radio Vaticana, che partiva da Pio XI…

Quale migliore modo attraverso gli strumenti…

R. Si, con lo strumento si suscitava la curiosità e poi era intelligenza nostra parlare del motivo più importante dell’esistenza della Radio Vaticana, che era quello di portare l’evangelizzazione in tutto il mondo, anche là dove c’erano pochissimi ascoltatori. Una missione che era stata iniziata proprio da Pio XI, dal Papa che inaugurò la Radio Vaticana, quella che era la voce del Papa, che dovrebbe arrivare in tutte le parti del mondo. Una voce di pace e di amore.

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