45 anni fa moriva monsignor Angelelli, esempio di Chiesa in uscita

Vatican News

Isabella Piro – Città del Vaticano

4ago21 – 4 agosto 1976, Argentina, strada statale 38, località Punta de los Llanos: è qui che monsignor Enrique Angelelli Carletti, vescovo di La Rioja, perde la vita, in un incidente automobilistico costruito ad arte per ucciderlo e la cui verità emerge solo dopo 38 anni. A muovere i suoi assassini è l’odium fidei e l’incessante opera del presule in favore dei diritti dei poveri e dei bisognosi, in un Paese che, in quegli anni, vede una feroce dittatura militare al potere. Beatificato nel 2019, monsignor Angelelli è stato commemorato domenica 1.mo agosto con una Messa speciale, presieduta dall’attuale vescovo di La Rioja, monsignor Dante Braida. La celebrazione si è tenuta a Punta de los Llanos, nel punto esatto del martirio del compianto presule, in presenza di pochi fedeli, a causa del perdurare della pandemia da Covid-19.

Accanto al suo amato popolo

“La sua grande fede in Cristo – ha detto monsignor Braida nella sua omelia – lo portò ad amare molto i fedeli che gli erano stati affidati e ad amarli cercando ogni mezzo per farli crescere e sviluppare in modo integrale”. “La sua grande fede in Cristo – ha aggiunto – lo portò a valorizzare l’amato popolo di La Rioja e a dare la sua vita per esso”, “con la speranza di eternità che scaturiva dal Vangelo in cui credeva e che predicava”. Il presule ha ricordato, poi, il grande impegno di monsignor Angelelli per la causa sociale e la tutela delle persone povere e bisognose: “È necessario che tutti noi mettiamo i nostri sforzi, le nostre possibilità economiche e soprattutto il nostro amore al lavoro per andare urgentemente a cercare le soluzioni” a queste sfide, diceva il Beato vescovo in un’omelia del 18 agosto 1974. In tal modo, ha spiegato monsignor Braida, veniva incoraggiata “una Chiesa in uscita, quella che si fa carico delle necessità visibili ed invisibili dei nostri fratelli e sorelle, dei loro bisogni concreti, ma anche di quelli del cuore, dolorosamente sofferti nel silenzio e nella solitudine”.

Preghiera incessante

Allo stesso tempo “il nostro Beato Vescovo – ha aggiunto il presule – credeva fermamente nella forza della preghiera” tanto che, nel 1976, chiese a tutta la diocesi di porsi “in uno stato orante permanente” per invocare il bene del Paese e delle famiglie. “Anche oggi – ha concluso monsignor Braida – in questo nostro tempo segnato da molte sfide, abbiamo bisogno di ripartire da Dio, di aprire le nostre menti e i nostri cuori affinché, alla Sua presenza, possiamo discernere il tempo presente e agire di conseguenza”, attraverso “una perseverante vita di preghiera”.

Il Romero argentino

Nato nel 1923, il Beato Angelelli Carletti è considerato il “Romero d’Argentina”: al Santo vescovo di San Salvador, infatti, lo accomunano l’impegno pastorale in favore dei bisognosi e la morte violenta, avvenuta in regime di dittatura militare. Nominato vescovo di La Rioja nel 1968, sin da subito si impegna per la difesa dei diritti dei poveri con la creazione di sindacati e cooperative. Il 24 marzo 1976, un colpo di Stato esautora la presidente Isabel Perón e dà vita a una dittatura militare che proseguirà fino al 1983, con feroci repressioni di ogni tipo di dissenso. Almeno 30mila i “desaparecidos”, ovvero le persone arrestate e scomparse nel nulla nel corso di quegli anni. Il 27 aprile 2019, insieme a monsignor Angelelli, sono stati beatificati altri tre martiri, anch’essi vittime del regime: il francescano Carlos de Dios Murias e il missionario Gabriel Longueville sequestrati, torturati e uccisi il 18 luglio 1976, e il sindacalista cattolico Wenceslao Pedernera, ucciso davanti alla sua famiglia il 25 luglio. Il 29 ottobre 2018, incontrando 30 giovani della diocesi francese di Viviers che avevano compiuto un pellegrinaggio di un mese proprio a La Rioja, Papa Francesco ha raccontato il suo incontro personale con monsignor Angelelli: “Ci ha predicato il ritiro spirituale il 13 giugno 1973 in cui sono stato eletto provinciale – ha detto il Pontefice – Lo incontrai lì e capii quel consiglio: ‘un orecchio per ascoltare la Parola di Dio e un orecchio per ascoltare il popolo’. Non c’è evangelizzazione di laboratorio, l’evangelizzazione è sempre ‘corpo a corpo’ con il popolo di Dio e con la parola di Dio”.